Si continua a ripetere che “è svanita l’azione diplomatica”, che “l’Europa ha fatto tutti i tentativi possibili ma è stato inutile”. Chi lo afferma sembra avere un’idea di azione diplomatica ‘una tantum’ e non, come è o dovrebbe essere, costante, ostinata, audace. Non è vero che l’Europa ha fatto o tentato tutto nella sua azione di dialogo con Putin e quel che è stato fatto è stato purtroppo tardivo, debole, parcellizzato, destinato al nulla. Tardivo perché non si è sentita la voce dell’Ue negli anni tra il 2014 e il 2021, come non la si è sentita nei mesi prima dell’invasione quando stava diventando chiara la strada di dialogo politico che si sarebbe dovuto percorrere.
Debole perché la sua voce è stata delegata perlopiù ad un’alleanza militare o a singoli leader europei in modo parcellizzato. È stata scelta la strada del sostegno militare all’Ucraina, lasciando in second’ordine, quasi dimenticandolo, l’obiettivo principale che era e rimane quello di trattare la pace, ostinatamente, quotidianamente, senza mai scoraggiarsi o giustificarsi dietro ai primi niet ricevuti. Si è lasciato in second’ordine ‘il dopo’: che richiederà comunque, volenti o nolenti, il proseguimento dei rapporti con il governo di Vladimir Putin, e che richiederà necessariamente che sia ridefinito – con trent’anni di ritardo dopo il crollo dell’URSS – un ordine mondiale condiviso, con istituzioni internazionali funzionanti, che rispecchi gli attuali pesi ed equilibri internazionali e qualifichi il rapporto dell’Ue con il resto del mondo.
Si vuol far passere l’idea che ci sarà una nuova ‘cortina di ferro’ con il mondo contrapposto in due blocchi. Che la forza violenta e non la politica nonviolenta sarà lo strumento di regolazione delle relazioni internazionali, accantonando l’idea di un mondo in cui si possa vivere nel rispetto gli uni degli altri, con gli indispensabili strumenti istituzionali, senza pretese arbitrarie di dominio gli uni sugli altri.
È una strada pericolosa e soprattutto cieca, che evidenzia l’inadeguatezza degli attuali leader a guardare lontano e tenere insieme forza e dialogo politico, con quest’ultimo come strumento globale per la convivenza. Tutto ciò comporta ovviamente la presa di coscienza della necessità di vivificare il cammino di integrazione europea e di accelerarlo superando le sue troppe lentezze e indecisioni. Solo una forte integrazione può ridare rinnovato slancio all’Ue e ai suoi leader e nuova forza per contribuire alla pace globale, come l’abbiamo vissuta nel nostro continente per 75 anni.
Serve perciò un’iniziativa europea eccezionale, che esca dall’ordinarietà politica e diplomatica. Perché i presidenti del Consiglio e della Commissione Ue insieme ai leader dei tre principali Stati membri non avviano, con il loro peso unitario, una staffetta tra Russia e Ucraina per facilitare la difficile costruzione della pace? Chiuse le elezioni in Francia, questa strada potrebbe e dovrebbe essere seguita. Sperando che non continuino a prevalere le prudenze e i dubbi dimostratisi tremendamente sterili.
Ma ci sarebbe un altro piano, spirituale, su cui è giusto e possibile muoversi. La tregua per la Pasqua, festa profondamente sentita in Ucraina e in Russia, non c’è stata. Eppure è proprio la Pasqua di Resurrezione a farci credere nell’impossibile. Il 21 maggio del 2017 Mosca, con il patriarca Kirill, il clero, le autorità politiche e militari, ha solennemente accolto la reliquia di San Nicola di Bari, una delle figure più venerate a Oriente come a Occidente, e in particolare dalle Chiese ortodosse. Per settimane decine di migliaia di pellegrini si sono recati prima a Mosca e poi a San Pietroburgo per venerarla. Uno straordinario momento di preghiera e di unità tra cristiani.
A cinque anni di distanza potrebbe essere pensata e organizzata, sia a Mosca che a Kiev, una simile esposizione della reliquia che da 935 anni è custodita a Bari. Si spera che in quel periodo la tregua possa già essere una realtà ma se ancora ci fossero combattimenti, la presenza della reliquia del santo potrebbe realmente contribuire a sospenderli e forse a facilitare il negoziato politico-diplomatico. Nelle chiese russe quella di Nicola è la terza icona insieme a Gesù e Maria col bambino. La solenne esposizione della reliquia sarebbe uno di quegli atti straordinari, positivamente sconvolgenti, che si rendono necessari nei momenti più difficili.
Pubblicato come Editoriale di Avvenire: “Eurodiplomazia e spiritualità comune. Due ponti da lanciare”, il 28 aprile 2022.