E’ in circolazione il testo del “Codice di condotta per le Ong che svolgono attività di salvataggio in mare”. Presentato dal ministro Marco Minniti ai colleghi europei e alle istituzioni europee e italiane coinvolte, ha subìto varie correzioni al fine di renderlo coerente con gli impegni e i trattati internazionali e rispondente alla realtà del coordinamento e di ciò che realmente succede in mare, di cui forse gli Uffici del Viminale hanno poca conoscenza. Il ‘grande’ problema della presenza delle Ong che salvano vite umane, contenendo il numero di morti per annegamento (dopo che tutti, politici, istituzioni, media avevano gridato “mai più” davanti ai cadaveri al largo di Lampedusa), è quindi risolto. Stando almeno alle dichiarazioni ufficiali che considerano tale Codice un “grande successo”. Ma la realtà è quella che si vuole fare apparire?
La grande impostura. Chi in futuro ripercorrerà e valuterà la convulsa fase politica che stiamo vivendo in merito ai soccorsi dei migranti in mare, probabilmente definirà questi mesi del 2017 come la ‘grande impostura’. La propaganda, come azione politica intesa a conquistare il favore del pubblico indipendentemente dalla verità e onestà dei contenuti trasmessi, sta diventando una “risorsa” perfino nel ministero dell’Interno. La montagna ha partorito finalmente il topolino: il Codice delle Ong. è presentato come una rilevante innovazione, frutto del “grande lavoro” parlamentare e ministeriale, condiviso “perfino” in Europa, che mette ordine nel “caos delle Ong” che soccorrono e salvano vite umane, mentre in realtà si tratta della formalizzazione di quanto, nell’insieme, sta già avvenendo attraverso l’azione coordinata delle Ong e della Guardia costiera competente in materia.
Propaganda politica. Siamo di fronte ad una presa in giro della pubblica opinione, usando quella stessa propaganda politica che sembra essere divenuta ormai una delle principali specializzazioni di chi di limita a riproporre ricette semplici (palesemente ingannevoli ma emotivamente efficaci) per affrontare e gestire problemi molto complessi, come i fenomeni migratori e la crescente mobilità umana. Sono perlopiù messaggi strumentali, tendenziosi, sloganistici che parlano alla pancia della gente, non al cervello, per potere meglio nascondere le proprie carenze e la permanente mancanza di visione complessiva e lungimirante e di proposte operative coerenti, normalmente non coincidenti con i tempi della politica. Sono anche messaggi che stanno favorendo quei fanatismi ed estremismi che stanno organizzando operazioni di contrasto ai soccorsi, nelle stesse acque, incuranti delle morti che potrebbero provocare e in sfregio delle norme internazionali e delle disposizioni della Guardia costiera: operazioni, queste sì, che dovrebbero allarmare i decisori politici, finora silenti.
Nulla di sconvolgente. Alcuni passaggi del Codice sono da chiarire ma ad una prima lettura del testo in circolazione sembra proprio che l’insieme rispecchi quanto da un lato è già nei poteri delle pubbliche Amministrazioni e quanto, dall’altro, le Ong stanno già normalmente facendo nel rispetto della legge del mare e delle convenzioni internazionali, in stretto coordinamento con la Guardia costiera italiana, fornendo le informazioni richieste e seguendone le disposizioni operative ricevute per ciascun salvataggio. Se qualche errore iniziale fosse mai stato fatto – come in ogni operazione in cui la vita umana prevale su tutto e richiede interventi immediati – certamente le attività umanitarie di salvataggio si sono professionalizzate e standardizzate seguendo precise procedure operative, anche grazie alla collaborazione e al prezioso e continuo lavoro sinergico con la Guardia costiera. La trasparenza richiesta, poi, è e continua ad essere uno dei principali pilastri delle Ong umanitarie, senza la quale perdono significato e non potrebbero esistere.
Gli obblighi internazionali e il coordinamento. In vari punti del Codice traspare chiaramente la necessità di adeguarsi, sempre e in ogni caso, alle disposizioni internazionali relative alla ricerca e al salvataggio in mare, che obbligano gli Stati e i soggetti coinvolti. Ecco quindi che l’ingresso nelle acque libiche è giustamente proibito, salvo quando richiesto dall’impellente ragione di salvare vite in “grave ed imminente pericolo”. Ecco che il divieto di trasbordo da una nave più piccola ad una più grande (disposizione assurda dal punto di vista delle operazioni di salvataggio) può essere superato di fronte ad un “grave ed imminente pericolo richiedente immediata assistenza”. Tranne l’insensata ma superabile proibizione del trasbordo, il Codice contiene praticamente tutto ciò che da tempo si sta facendo. Compresa la possibilità della presenza di un ufficiale giudiziario a bordo su richiesta dell’Amministrazione competente: possibile da sempre e già avvenuta, dopo averne concordato le corrette modalità per evitare di trasformare gli operatori umanitari in poliziotti o anche solo di farli apparire tali. Le Ong sarebbero perfino disposte ad accogliere lo stesso ministro Minniti se volesse ispezionarle e volesse al contempo arricchirsi di utili conoscenze del lavoro svolto. E sono convinte che sia un bene, come anche il Codice prevede, rafforzare la già efficace e leale collaborazione con le pubbliche Istituzioni, per migliorare i salvataggi e il coordinamento di tutti i soggetti coinvolti, italiani e comunitari.
Una risposta comune. Le Ong impegnate nei salvataggi, italiane ed europee, diano ora una risposta comune. Sentendo il pieno, convinto ed esplicitato sostegno del mondo della solidarietà e della cooperazione internazionale sia in Italia che in Europa. Salvo qualche utile chiarimento o precisazione, se il testo definitivo li raccomanderà, nell’insieme le Ong potranno riaffermare i principi umanitari che le guidano. Il Codice, confermando implicitamente la bontà della loro azione, dimostra al tempo stesso la falsità e la malizia del messaggio diffuso nei mesi scorsi da gran parte della politica e dei media: che quanto fatto finora sia avvenuto senza procedure e preparazione adeguate, senza coordinamento con le Autorità competenti, quasi favorendo l’illegalità. La realtà ha dimostrato il contrario e le Ong possono continuare a presentarsi a testa alta. C’è da sperare ora che il ministro Minniti usi la sua innegabile intelligenza per promuovere un confronto diretto con loro. Qualsiasi codice di comportamento è elaborato con il pieno coinvolgimento delle parti coinvolte, altrimenti si tratta di diktact. Non è indispensabile, ma la negazione del confronto sarebbe per il ministro un segno di debolezza, non di autorevolezza.
Dialogo con le Ong e la società civile. La tendenza a non valorizzare conoscenze ed esperienze pluriennali della società civile ed in particolare delle Ong di cooperazione allo sviluppo che da decenni sono presenti nei paesi di provenienza e di transito dei grandi flussi migratori, è un limite che le Istituzioni dovrebbero riuscire a superare, quanto prima. La sola rete di Ong Link 2007 ha prodotto, da quasi dieci anni, analisi e documenti su vari aspetti relativi all’emigrazione e alle cause che le producono, denunciando la debolezza delle politiche governative e presentando proposte sul nesso migrazioni e sviluppo e per una politica complessiva del governo non limitata alle preoccupazioni del ministero dell’Interno. Come Link 2007 anche altre reti delle Ong e della società civile hanno prodotto idee e richiesto momenti di dialogo e di approfondimento con la politica e il governo. Anche in questa occasione, e in questo momento difficile per il nostro paese che si trova impreparato ad affrontare un cambiamento epocale che non può più essere affrontato come un’emergenza transitoria, le Ong – nei limiti delle loro conoscenze, esperienze e competenze – tendono la mano alle Istituzioni. Senza molta speranza, ma continuando a credere in loro e ad avere fiducia.
Anche in
Vita.it: La grande impostura
OnuItalia.com: Montagna ha partorito topolino