ALBERTO TRENTINI. E’ STATO FATTO TUTTOIL POSSIBILE?

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Written by Nino Sergi

15 Novembre 2025

Troppi sono 365 giorni, da quel 15 novembre 2024. È passato un intero anno dall’arresto in Venezuela di Alberto Trentini, detenuto in isolamento senza alcuna accusa formale e a tempo indeterminato. Pesa, e crea angoscia, il silenzio che circonda questo sequestro di persona da parte della Sicurezza del controspionaggio militare venezuelano. Un silenzio che si è riprodotto anche in Italia, interrotto solo dagli appelli della madre Armanda Colusso e del padre Ezio, dalla mobilitazione della rete “Albero Trentini libero”, dalle iniziative promosse da associazioni e cittadini e dalla petizione pubblica, sottoscritta da più di 100 mila persone.

Da parte governativa sono arrivate solo poche dichiarazioni, quasi a colmare con imbarazzo un silenzio prolungato, qualche telefonata privata tra la presidente Meloni e la signora Armanda e un tardivo intervento diplomatico affidato all’ambasciatore Luigi Maria Vignali, professionista di indubbia capacità ed esperienza. Un intervento che tuttavia non sembra aver prodotto finora risultati concreti.

Cooperante di 46 anni, laureato a Ca’ Foscari, con un master in assistenza a Liverpool e in sanificazione dell’acqua a Leeds, forte di esperienze significative in Bosnia-Erzegovina, Libano, Etiopia, Nepal, Perù, Paraguay, Ecuador e Colombia, Alberto era arrivato in Venezuela un mese prima con la Ong Humanity & Inclusion (già Handicap International), premio Nobel per la pace 1997. In passato aveva lavorato anche con la Cooperazione italiana, il Danish Refugee Council e diverse organizzazioni come Cefa, Coopi e Focsiv.

La mobilitazione, pur continuando ogni giorno, perfino con un digiuno a staffetta, non ha avuto l’effetto sperato. Dovrà certo continuare, con forme nuove, più coinvolgenti ed efficaci, e con una partecipazione attiva dei media, ma dovrà anche porre precise domande ai decisori politici, per comprendere se si è fatto tutto in modo tempestivo, per ottenere la liberazione di Alberto.

Ogni cittadino italiano deve potersi sentire tutelato dal proprio Stato, che per Costituzione “garantisce i diritti inviolabili dell’uomo “; a maggior ragione se – come viene spesso ripetuto – rappresenta quell’Italia solidale che interviene dove ci sono bisogni, e che considera la solidarietà umana un imperativo irrinunciabile. Per Alberto, come è stata attuata questa tutela? È ora di chiederne conto, pur comprendendo il necessario riserbo.

La situazione del Venezuela rende tutto molto difficile: il governo italiano e, più in generale, i Paesi occidentali non hanno riconosciuto l’elezione di Nicolas Maduro, e la crescente tensione militare con gli Stati Uniti sta assumendo toni più che minacciosi. Eppure, proprio con gli USA ci sono stati scambi triangolari attraverso El Salvador, che hanno consentito la liberazione di diversi cittadini statunitensi. Forza e diplomazia si intrecciano quasi sempre in casi simili.

Il Venezuela, inoltre, non è del tutto isolato: mantiene relazioni con Cuba, Nicaragua e Bolivia; legami con Russia, Cina e Iran; e rapporti economici e politici con la Turchia. Paesi come Turchia e Cuba hanno rapporti consolidati con l’Italia (a L’Avana l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo mantiene una sede con una ventina di addetti) e una loro mediazione per esercitare pressioni su Maduro e favorire una soluzione diplomatica triangolare, è del tutto ipotizzabile. Probabilmente qualche iniziativa è già in corso, così come altre forme di mediazione che la diplomazia è attrezzata a individuare.

Ciò che, però, risulta inaccettabile dopo ben 365 giorni di prigionia e isolamento è la banalità di certa comunicazione governativa, dal Ministero degli Esteri fino alla Presidenza del Consiglio. Tra riserbo e comunicazione vuota esistono molte forme possibili di informazione seria e trasparente, anche se inevitabilmente limitata all’ambito familiare e legale di Alberto.     Media, società civile, influencer politici e culturali e cittadini dovranno farsi sentire con maggiore forza ed esercitare pressione. L’Italia, finora, ha dato l’impressione di essersi mossa senza la necessaria determinazione. Forse si tratta solo di un’impressione. C’è da augurarselo, perché Alberto deve poter tornare a casa senza ulteriori ritardi.

Per VITA.it

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