“NGO MONITOR” ACCUSA LE ONG A GAZA. Ennesimo documento superficiale e strumentale.

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Written by Nino Sergi

9 Dicembre 2025

Un nuovo rapporto dell’istituto israeliano NGO Monitor, pubblicato nel dicembre 2025, sostiene che Hamas avrebbe costruito un sistema per controllare le Ong internazionali attive nella Striscia di Gaza. L’inchiesta si basa su documenti interni del Ministero dell’Interno di Hamas, ottenuti dalle Forze di difesa israeliane.

Si tratta di materiale potenzialmente interessante, che viene però presentato in modo parziale e non verificato, con un evidente intento politico.

Documenti di Hamas presi per verità, senza alcuna seria verifica

Il cuore dell’indagine è una collezione di documenti di Hamas che elencano i cosiddetti “garanti”, cioè figure locali che fungono da intermediari tra le Ong e le autorità della Striscia. Secondo NGO Monitor, molti di questi garanti sarebbero, in qualche modo, “affiliati” al movimento islamista.

Nel rapporto non risulta alcuna verifica indipendente di queste classificazioni: non sappiamo se siano attendibili, arbitrarie, autopromozionali o semplicemente sbagliate. È un punto cruciale: il rapporto tratta i documenti di Hamas come se fossero accurati e imparziali, ignorando la possibilità, tutt’altro che remota, che la burocrazia del movimento abbia interesse a esagerare il proprio controllo sulla società civile. Il rischio è chiaro: interpretare come “fatti” valutazioni interne di un regime che ha tutto l’interesse a mostrarsi onnipresente.

Il rapporto elenca 55 “garanti” (collegati a 48 Ong) che fungerebbero da intermediari tra alcune Ong e le autorità di Gaza. Da questa lista, NGO Monitor arriva all’arbitraria conclusione che le Ong sarebbero state infiltrate e influenzate da Hamas.

Eppure, si tratta di un elenco parziale, diluito in anni e periodi differenti, non rappresentativo e non contestualizzato. Non dice nulla sul ruolo effettivo di queste persone né sul peso che hanno avuto davvero nelle organizzazioni.

Le esperienze sul campo e le facili etichette

La realtà è ben più complessa e ben più trasparente di quanto si voglia fare apparire. Normalmente le Ong internazionali, e in particolare quelle italiane, sono in stretto contatto – anche per ragioni di sicurezza – con le proprie ambasciate o i consolati, che sono al corrente delle loro attività umanitarie a Gaza. La Commissione europea, poi, sorveglia severamente, attraverso i propri organi di verifica e controllo, che le attività umanitarie finanziate corrispondano ai criteri di imparzialità dell’aiuto, senza sbavature politiche. Lo stesso vale per i principali finanziatori istituzionali internazionali. Le Ong, da tempo ormai, si sono dotate di strumenti di monitoraggio e controllo interni, con personale dedicato che rende conto periodicamente ai Consigli Direttivi. Questo molteplice livello di monitoraggio viene completamente ignorato dal rapporto.

Negli anni passati ho scelto di non intervenire direttamente a Gaza o nei Territori palestinesi occupati della Cisgiordania, sapendo che l’intervento avrebbe probabilmente impegnato INTERSOS in modo quasi totalizzante, rallentando la presenza operativa nelle tante altre crisi umanitarie, catastrofi naturali, conflitti e guerre nei vari continenti. L’attenzione non è però mai venuta meno. Nelle testimonianze di alcuni colleghi mi aveva colpito l’affermazione che «a Gaza è difficile sapere se si sta parlando con persone legate a Hamas o con persone al soldo di Israele». L’attenzione all’imparzialità dell’aiuto è stata quindi particolarmente viva nelle Ong: hanno cercato di dare il massimo e di farlo per tutti coloro che sono nel bisogno, senza distinzioni politiche, etniche o religiose.   

Ricorro a un esempio personale, utile a illuminare la complessità di alcuni contesti in cui si definisce un intervento umanitario. Anni fa, in Somalia ho avuto contatti diretti con tutti i warlords e con l’allora capo delle Corti islamiche, che sono perfino andato a incontrare nel suo esilio ad Asmara. L’obiettivo era capire: conoscere le ragioni e gli orientamenti, giusti o sbagliati che fossero; comprendere il contesto politico, le possibilità di pacificazione nazionale e quelle di intervento umanitario ovunque necessario. I contesti di crisi sono diversi l’uno dall’altro e vanno sempre studiati, verificati, analizzati, interpretati, anche attraverso le interlocuzioni ritenute necessarie.

Da organizzazioni come NGO Monitor sarei stato probabilmente classificato, senza troppe esitazioni, come soggetto influenzato da criminali e terroristi. Mentre nessun organo istituzionale italiano competente, pur a conoscenza di quei mei contatti, ha mai espresso una simile considerazione, né avrebbe potuto farlo seriamente.

C’è invece chi dà facile credibilità a rapporti come questo di NGO Monitor, basati su dati grezzi, disomogenei, utilizzati per insinuare dubbi sull’indipendenza delle Ong, senza tenere conto del contesto autoritario in cui esse operano, della necessità di stabilire relazioni plurali e della trasparenza in cui agiscono, anche nei confronti dei propri sostenitori e dei finanziatori istituzionali.

Un dossier costruito a tesi preconcette

Molte Ong e molti ricercatori hanno già criticato in passato NGO Monitor per l’uso selettivo delle fonti e per un approccio più politico che analitico. Questo rapporto conferma il problema: parte da una tesi precostituita e, per sostenerla, usa documenti – datati anche molto prima del 7 ottobre 2023 – senza alcuna verifica o valutazione indipendente.

I materiali raccolti potrebbero essere utili per capire meglio le pressioni esercitate da Hamas sulla società civile. Ma, nel modo in cui sono stati presentati, diventano un’arma retorica più che uno strumento di conoscenza.

Il tema dell’ingerenza dei gruppi armati sugli aiuti è serio. Sempre più spesso assistiamo anche all’uso degli aiuti come arma di guerra, con conseguenze drammatiche per la popolazione civile, in particolare per le fasce più deboli e indifese, bambini compresi, lasciate senza cibo, acqua potabile, assistenza medica, educazione, un rifugio dignitoso capace di proteggere dalle intemperie.

Meriterebbero entrambi – l’ingerenza dei gruppi armati sugli aiuti e il loro uso come arma di guerra – un’analisi rigorosa. Che il rapporto di NGO Monitor ignora, limitandosi a gettare sospetti indiscriminati su chi, spesso in condizioni estreme, continua a portare assistenza, con grande impegno e generosità, alla popolazione di Gaza.

NINO (Antonio Giuseppe) SERGI