“Con me o contro di me”. Non è più questa la logica politica nei rapporti internazionali, ma talvolta sembra ripresentarsi. La situazione esplosiva dell’Ucraina deve aiutarci a ripensare la politica internazionale e a fare un salto innovativo capace di affrontare e risolvere le tensioni in quei paesi-cerniera divisi all’interno e nei rapporti esterni. Il Gruppo di contatto o il G8, se mai potranno riunirsi, hanno un’opportunità straordinaria per dare al mondo una visione e un messaggio nuovi. Ma è necessario che, da subito, vi siano segnali di distensione. Avendo vissuto in prima linea i conflitti degli ultimi decenni, compreso quello jugoslavo, alcune linee di politica internazionale ci paiono emergere.
1. La politica internazionale dovrebbe innanzitutto concentrarsi sull’interesse del paese in difficoltà, l’Ucraina. Quando si cerca una soluzione, gli interessi europeo, russo, americano o degli altri paesi coinvolti, pur rimanendo il motore delle scelte politiche, dovrebbero rimanere sfumati e soprattutto essere valutati sulla lunga durata. Nell’immediato, gli interessi politici appaiono antitetici e inconciliabili e alimentano la crisi piuttosto che risolverla. Dalla logica contrastante del proprio interesse è necessario quindi passare alla logica dell’interesse del Paese in crisi e, in prospettiva, dell’interesse comune, data la profonda interdipendenza economica esistente tra Ue/Occidente e Russia.
2. I paesi-cerniera, a cavallo tra due aree geopolitiche in competizione economica, politica e culturale, dovrebbero essere accettati come sono, senza spingerli a scelte di campo laceranti. L’Ucraina è molto più di un paese-cerniera, avendo un piede ad est e l’altro ad ovest, con una parte della popolazione schierata in questa duplice e contrapposta tensione. Un’attiva neutralità, più netta di quella finlandese, che è spesso richiamata ma che risponde ad un diverso contesto, converrebbe certamente all’Ucraina, ma anche a tutti i paesi confinanti.
3. Un’Ucraina non membro dell’Ue, né dell’Unione eurasiatica disegnata da Putin, ma con una neutralità attiva riconosciuta, aperta a rapporti politici, economici, culturali e ad accordi di ampio partenariato e di parziale associazione con entrambe le entità, potrebbe garantire la propria unità territoriale, la convivenza delle diverse nazionalità, il proprio sviluppo economico, insieme a quello culturale radicato nella storia e nei legami con aree sia russe che europee.
4. Un’Ucraina neutrale e aperta a cooperazioni a trecentosessanta gradi potrebbe al contempo rappresentare un punto magnetizzante tra l’Ue/l’Occidente e la Russia e potrebbe rafforzarne il rapporto politico e la fiducia reciproca. Il mondo globalizzato ci obbliga ad andare nella direzione di un rapporto rinnovato, con una visione nuova delle relazioni internazionali – in una certa misura ancora di potenza, ma basate sulla massima cooperazione – presupposto per ulteriori sviluppi economici e soprattutto per assicurare condizioni di pace in tutto il continente euro asiatico.
5. Sono stati fatti molti errori: dagli ucraini, da parte europea/occidentale e da parte russa. In fondo sono gli stessi che si ripetono nelle crisi a cui la comunità internazionale non ha saputo o voluto dare risposte convincenti, per distrazione o mancanza di coraggio e lucidità politica, anche quando non sarebbe stato difficile intervenire diplomaticamente e politicamente al momento giusto. Le crisi tendono a moltiplicarsi. Occorre quindi uno sforzo di creatività politica, che sappia ripensare le relazioni ed inventare e codificare nuove forme di convivenza tra Stati, regioni, alleanze. Non è nell’interesse dell’Ucraina un cammino di adesione all’Unione europea, né all’Unione euroasiatica. Mentre è interesse di tutti che l’Ucraina possa, mantenendo la sua integrità territoriale e la pluralità delle sue comunità, rimanere aperta a rapporti politici ed economici e ad alleanze con entrambe le Unioni, a partire dai paesi più vicini.
L’Unione europea, e l’Italia in particolare, la cui posizione tesa al dialogo è stata chiaramente espressa dal ministro Mogherini, hanno la cultura politica per proporre forme nuove di convivenza pacifica, nell’attuale complessità del mondo, che non si basino sul ‘con me o contro di me’, né sugli interessi immediati, né su fantasiose minacce militari o dubbie sanzioni, talvolta perfino aggravanti, ma su principi nuovi che impediscano le ferite, le morti e le distruzioni che le crisi irrisolte normalmente producono. L’Ucraina è il banco di prova e il tempo a disposizione incomincia ad essere limitato.